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lotta contro il cancro

L’OMS esorta ad agire contro l’epatite, annunciando che l’epatite D è cancerogena

Stando ai dati condivisi dall’OMS, ogni 30 secondi una persona muore per una malattia epatica o un tumore correlati all’epatite, nonostante ci siano gli strumenti per fermare questa malattia. Di conseguenza l’OMS esorta i governi e i partner a intensificare gli sforzi per eliminare l’epatite virale come minaccia per la salute pubblica e ridurre i decessi per cancro al fegato.

I vari tipi di Epatite

Esistono vari tipi di epatite; quelli virali di tipo A, B, C, D ed E sono le principali cause di infezione epatica acuta. I tipi B, C e D possono portare a infezioni croniche, aumentando il rischio di cirrosi, insufficienza epatica e cancro. Più di 300 milioni di persone nel mondo convivono con queste forme di epatite, che causano 1,3 milioni di decessi all’anno. La maggior parte dei casi non viene diagnosticata.

Recentemente, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’epatite D come cancerogena per l’uomo, insieme all’epatite B e C. Le persone infette sia da B che da D corrono un rischio da due a sei volte maggiore di sviluppare un tumore al fegato. L’OMS ha pubblicato nuove linee guida sui test e sulla diagnosi e sta monitorando attentamente i risultati dei trattamenti innovativi per l’epatite D.

Esistono farmaci efficaci: l’epatite C può essere curata entro tre mesi e l’epatite B può essere controllata con una terapia permanente. Tuttavia, i benefici di questi progressi potranno essere realizzati solo attraverso un urgente potenziamento dei servizi di vaccinazione, test, riduzione del danno e trattamento.

Si stanno compiendo progressi: ad oggi 123 paesi hanno segnalato piani d’azione nazionali contro l’epatite, 129 hanno adottato il test dell’epatite B per le donne in gravidanza e 147 hanno introdotto il vaccino contro l’epatite B alla nascita. Tuttavia, permangono notevoli lacune. Nel 2022 solo il 13% delle persone affette da epatite B e il 36% di quelle affette da epatite C erano state diagnosticate, e i tassi di trattamento sono al di sotto degli obiettivi globali.

Per accelerare i progressi, l’OMS sta collaborando con il Rotary International e la World Hepatitis Alliance chiedendo investimenti, integrazione e una leadership comunitaria più forte per prevenire le infezioni, salvare vite umane e porre fine allo stigma.

 

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CEPI e OMS sollecitano una strategia di ricerca per la prossima pandemia

La Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno invitato ricercatori e governi a rafforzare e accelerare la ricerca globale per prepararsi alla prossima pandemia.

Le due organizzazioni sottolineano l’importanza di espandere la ricerca per comprendere intere famiglie di patogeni che possono essere pericolose per gli esseri umani. L’approccio propone di utilizzare prototipi di patogeni come guide o esploratori per sviluppare la base di conoscenze.

IL RAPPORTO SULLA Priorità dei patogeni: un quadro scientifico per la preparazione alla ricerca sulle epidemie e sulle pandemie

Al Global Pandemic Preparedness Summit 2024 tenutosi a Rio de Janeiro, in Brasile, l’OMS R&D Blueprint for Epidemics ha pubblicato un rapporto che sollecita un approccio più ampio da parte di ricercatori e paesi. Questo approccio mira a creare conoscenze, strumenti e contromisure ampiamente applicabili che possano essere rapidamente adattati alle minacce emergenti. Questa strategia mira anche ad accelerare la sorveglianza e la ricerca per comprendere come i patogeni si trasmettono e infettano gli esseri umani e come il sistema immunitario risponde a loro.

“Il quadro scientifico dell’OMS per la preparazione alla ricerca sulle epidemie e le pandemie rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui il mondo affronta lo sviluppo delle contromisure, ed è fortemente supportato dal CEPI. Questo quadro aiuterà a guidare e coordinare la ricerca su intere famiglie di patogeni, una strategia che mira a rafforzare la capacità del mondo di rispondere rapidamente a varianti impreviste, patogeni emergenti, spillover zoonotici e minacce sconosciute denominate patogeno X”, ha affermato il dott. Richard Hatchett, CEO del CEPI.

Il lavoro di definizione delle priorità alla base del rapporto ha coinvolto oltre 200 scienziati provenienti da più di 50 paesi, che hanno valutato la scienza e le prove su 28 famiglie di virus e un gruppo centrale di batteri, comprendente 1652 agenti patogeni. Il rischio di epidemia e pandemia è stato determinato considerando le informazioni disponibili sui modelli di trasmissione, la virulenza e la disponibilità di test diagnostici, vaccini e trattamenti.

Il CEPI e l’OMS hanno inoltre sollecitato una ricerca coordinata e collaborativa a livello globale per prepararsi a possibili pandemie.

“La storia ci insegna che la prossima pandemia è una questione di quando, non di se. Ci insegna anche l’importanza della scienza e della determinazione politica nell’attenuarne l’impatto”, ha affermato il dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS . “Abbiamo bisogno della stessa combinazione di scienza e determinazione politica per unirci mentre ci prepariamo alla prossima pandemia. Far progredire la nostra conoscenza dei numerosi patogeni che ci circondano è un progetto globale che richiede la partecipazione di scienziati di ogni paese”.

Per facilitare questo processo, l’OMS sta coinvolgendo istituti di ricerca in tutto il mondo per istituire un Collaborative Open Research Consortium (CORC) per ciascuna famiglia di patogeni, con un Centro Collaborativo dell’OMS che funge da polo di ricerca per la relativa famiglia.

Questi CORC in tutto il mondo coinvolgeranno ricercatori, sviluppatori, finanziatori, enti regolatori, esperti di sperimentazione e altri soggetti, con l’obiettivo di promuovere una maggiore collaborazione nella ricerca e una partecipazione equa, in particolare nei luoghi in cui è noto o altamente probabile che i patogeni circolino.

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