L’indice Ambrosetti sull’innovazione sistemica nell’ambito delle scienze sociali (ALSII) posiziona l’Italia all’ottavo posto assoluto sui 27 Paesi dell’Unione Europea nell’ecosistema della ricerca. L’Italia è cresciuta molto negli ultimi anni, guadagnando una posizione nella classifica generale, sebbene ci si trovi attualmente molto lontani dai paesi di riferimento in UE quali Danimarca, Germania e Belgio.
Dal momento che l’ecosistema della Ricerca e dell’Innovazione nelle Scienze della Vita sta diventando sempre più competitivo e centrale nelle dinamiche di sviluppo dei paesi, è doveroso analizzare i parametri che definiscano il quadro, elencando i pregi e i difetti del nostro sistema. L’obiettivo dichiarato è poter apporre le migliorie necessarie che scongiurino un ennesimo perpetrarsi della “fuga di cervelli”, che tra il 2013 e il 2021 ha registrato un +41,8%.
I dati sui ricercatori nell’ALSII 2023
L’Italia eccelle in molti campi del settore, dall’efficacia dell’ecosistema innovativo o il numero di pubblicazioni scientifiche nelle Life Sciences (Scienze della vita), entrambe categorie in cui siamo secondi soltanto alla Germania. L’Italia è inoltre prima per ciò che concerne le citazioni nelle pubblicazioni su riviste scientifiche su tesi che riguardano le Life Sciences e terza per l’export di medicinali e prodotti farmaceutici.
Per ciò che concerne le principali lacune del belpaese, l’Italia è molto indietro per ciò che riguarda il capitale umano qualificato (dodicesima), il numero di laureati nelle materie Life Sciences e ricercatori attivi nel campo (quattordicesima).
A garantire l’urgenza dell’investimento, agli Starting Grant dell’ERC (European Research Council), i ricercatori italiani sono stati tra i più premiati, secondi solo ai tedeschi, nonostante tutte le carenze infrastrutturali e sistemiche. Tuttavia, l’Italia è l’unico tra i grandi paesi benchmark dell’UE ad avere un saldo netto molto negativo (-25) tra grant ottenuti dal Paesi e quelli per nazionalità.
A far fuggire le menti migliori sono soprattutto la mancanza di meritocrazia (84%) e i salari bassi poco competitivi (72%), mentre invece chi rimane lo fa principalmente per motivi personali o familiari (86%) e il 43% di essi si è pentito di averlo fatto. Il 76% dei ricercatori reputa non sufficienti le riforme del PNRR per rilanciare l’ecosistema, e scongiurare che le eccezionali menti che il nostro paese coltiva e forma portino risultati altrove.
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